Natale con i tuoi quali?
Il vecchio proverbio sembra non patire i segni del tempo. Ma chi sono oggi i "nostri"?
I proverbi, saggezza e tesoro dei popoli, sono ormai retaggio di un passato contadino che non c’è più. Sono stati sostituiti da slogan pubblicitari. Qualcuno tuttavia sopravvive caparbiamente, quasi a rievocare antichi mondi. Uno di questi lo abbiamo sentito ripetere in questi giorni: «Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi». Lo si tramanda per una certa nostalgia di tempi andati, anche se a Natale ormai si va con chi si vuole, come a Pasqua, senza rimorsi. O forse quest’anno, grazie (o disgraziatamente…) anche alla crisi economica, c’è stato un ritorno all’intimità familiare? Sì, perché i “tuoi” del proverbio sono quelli di casa, i familiari, appunto. Ci ha pensato uno dei nostri politici a ricordarcelo, lo scorso anno: «Gli immigrati devono essere mandati a casa loro… È giusto che ciascuno si faccia il Natale con i suoi». Che si facciano… i natali loro!
La domanda è su quale sia la “casa” e quali i “nostri”. In un recentissimo saggio sulla società e la famiglia italiana (L’Italia fatta in casa), Alberto Alesina e Andrea Ichino hanno coniato un aforisma specchio di una schizofrenia strisciante tra casa e piazza, tra privato e pubblico: «Cucine linde e cartacce per strada». La propria casa ognuno se la cura, quella dell’altro si può imbrattare con le scritte più varie; la propria macchina – estensione della casa – ce la puliamo con cura, mentre il suo posacenere possiamo tranquillamente svuotarlo sul marciapiede… Quanto potrà ancora durare questa visione microscopica, per non dire miope, di casa? La conferenza di Copenhagen sull’ambiente ci ha ricordato che se anche chiudo le finestre di “casa mia” le radiazioni nucleari entrano comunque. Ormai è la Terra la casa, la casa comune e la casa di ognuno. Quando si vogliono rimandare a “casa” gli immigrati, a quale casa ci riferiamo? Spesso non l’hanno più, nei Paesi d’origine, o non l’hanno mai avuta…
La globalizzazione ci obbliga a ripensare, con l’idea di casa, anche quella di famiglia. È intangibile e da salvaguardare ad ogni costo, il nucleo familiare originario, prototipo d’ogni ulteriore aggregazione sociale. Ma senza essere esclusivo. E non basta dilatarlo con la finalità di renderlo un soggetto più forte, magari in senso selettivo ed egoistico, come le “famiglie” mafiose. I “tuoi” del proverbio natalizio, i “nostri”, sono ormai tutte le persone che vivono nella nostra grande “casa”.